Prima di iniziare ad illustrare un metodo di archiviazione tra i più diffusi, bisogna ripetere che comunque ogni sua regola è flessibile, in quanto ciascuno deve adattarla ai propri bisogni, alle circostanze in cui deve operare.
Ogni azienda ha delle necessità specifiche, sia per il tipo di attività che svolge, sia per il numero degli addetti, sia anche per le richieste che vengono poste dai dirigenti.
Non dobbiamo infatti dimenticare che non tutti i dirigenti vedono le cose allo stesso modo.
C’è ad esempio chi imposta tutto il lavoro sulla statistica, e in questo caso un archivio deve essere organizzato in modo da agevolare le ricerche statistiche. C’è poi il capo che pone alla base del proprio operato un budget che riflette entrate e uscite dei brevi periodi, per cui bisognerà tenerne conto nell’archiviazione. Anche quando il dirigente si fida prevalentemente del proprio sesto senso negli affari, un buon impiegato deve tenere pronte alla mano delle carte per confutare o confermare certe previsioni.
Non dobbiamo infatti dimenticare che non tutti i dirigenti vedono le cose allo stesso modo.
C’è ad esempio chi imposta tutto il lavoro sulla statistica, e in questo caso un archivio deve essere organizzato in modo da agevolare le ricerche statistiche. C’è poi il capo che pone alla base del proprio operato un budget che riflette entrate e uscite dei brevi periodi, per cui bisognerà tenerne conto nell’archiviazione. Anche quando il dirigente si fida prevalentemente del proprio sesto senso negli affari, un buon impiegato deve tenere pronte alla mano delle carte per confutare o confermare certe previsioni.
Per poter far fronte a tutte queste – e a moltissime altre – variabili, la regola principale è quella della precisione. Se un metodo è magari un po’ originale, basta che venga applicato sempre nello stesso modo e comunque con precisione, per risultare utilissimo in ogni circostanza.
A parte il fatto determinante della disponibilità di spazio, l’archivio ottimale dovrebbe trovarsi un una o più camere separate dagli uffici operativi, ma vicinissimo ad essi.
Dovrebbe essere luminoso e gli armadi dovrebbero essere disposti in modo tale da poter essere raggiunti senza difficoltà. Così pure eventuali scaffali a giorno non dovrebbero contenere documenti in doppia fila. Cosa che sembrerebbe superfluo esigere, ma purtroppo non si ottiene quasi mai, gli archivi dovrebbero essere tenuti puliti; non che la donna delle pulizie debba passare con l’aspirapolvere ogni giorno come nel reparto operativo, ma almeno una volta al mese sì.
Alcuni degli armadi dovrebbero potersi chiudere a chiave, ma – per strano che sembri – non con chiusure della massima sicurezza. Questo perché in caso di incursioni di ladri possano venir aperti ma non danneggiati: un ladro che si trova davanti ad una cassaforte viene oltre modo tentato di aprirla con ogni mezzo, ma solitamente non ha motivo di rubare semplici documenti di archivio. La chiave su un armadio serve in effetti solo al personale, affinché le nuove leve e le persone comunque inesperte non vadano a far disordine tra le carte di una qualche importanza. Così, dovendo richiedere la chiave all’addetto, questa gente non si trova mai lontano dall’occhio vigile dell’archivista.
Oltre a ciò, l’archivio dovrebbe contenere almeno una grande scrivania con relativa sedia, l’occorrente per prendere appunti e l’occorrente per archiviare le carte (perforatori, pennarelli, timbri ove richiesto, ecc.).
Dovrebbe essere luminoso e gli armadi dovrebbero essere disposti in modo tale da poter essere raggiunti senza difficoltà. Così pure eventuali scaffali a giorno non dovrebbero contenere documenti in doppia fila. Cosa che sembrerebbe superfluo esigere, ma purtroppo non si ottiene quasi mai, gli archivi dovrebbero essere tenuti puliti; non che la donna delle pulizie debba passare con l’aspirapolvere ogni giorno come nel reparto operativo, ma almeno una volta al mese sì.
Alcuni degli armadi dovrebbero potersi chiudere a chiave, ma – per strano che sembri – non con chiusure della massima sicurezza. Questo perché in caso di incursioni di ladri possano venir aperti ma non danneggiati: un ladro che si trova davanti ad una cassaforte viene oltre modo tentato di aprirla con ogni mezzo, ma solitamente non ha motivo di rubare semplici documenti di archivio. La chiave su un armadio serve in effetti solo al personale, affinché le nuove leve e le persone comunque inesperte non vadano a far disordine tra le carte di una qualche importanza. Così, dovendo richiedere la chiave all’addetto, questa gente non si trova mai lontano dall’occhio vigile dell’archivista.
Oltre a ciò, l’archivio dovrebbe contenere almeno una grande scrivania con relativa sedia, l’occorrente per prendere appunti e l’occorrente per archiviare le carte (perforatori, pennarelli, timbri ove richiesto, ecc.).
Sono in pratica i contenitori degli archivi, cioè raccoglitori, cartelle, buste e scatole, e comprensibilmente, quando si decide sull’acquisto di questi accessori, è tutto una questione di gusti, e alle volte anche di costi.
In quanto ai raccoglitori, c’è chi preferisce quelli classici (dal dorso largo 6-10 cm), tutti eguali, e c’è chi opta per una soluzione più variopinta e differenziata, perché così la ricerca viene aiutata dalle varie forme e dai colori diversi dei contenitori.
Comunque sia, la scelta va fatta con criteri di praticità, per cui va data la precedenza a quei raccoglitori che risultano più maneggiabili e che salvaguardano l’integrità dei documenti.
È da tenere presente che i raccoglitori che non possiedono un fermo (il ferretto che tiene le carte ferme nella posizione corretta) non sono raccoglitori “verticali”, cioè non li si può mettere in fila sullo scaffale come si mettono i libri, perché i documenti non fermati si piegherebbero e finirebbero per strapparsi. Questi raccoglitori sono fatti per stare orizzontalmente, cioè con la copertina sulla scrivania, per cui non sono adatti per l’archivio, ma per un uso corrente di consultazione e trasporto.
La stessa cosa possiamo dire per i classici raccoglitori a falda che, sebbene possano agevolmente contenere tutti i tipi di documenti proprio perché trattenuti dalle falde e dall’elastico, non hanno però il “dorso” sul quale annotarne il contenuto. Solo negli ultimi anni sono stati messi in commercio dei raccoglitori a falda con dorso di un paio di centimetri e si sono dimostrati molto utili non solo per il trasporto di documenti, ma anche per una corretta archiviazione degli stessi. Il solo difetto di questi raccoglitori è il loro prezzo, dal momento che costano circa quanto un raccoglitore classico ma contengono circa un quarto delle carte che quest’ultimo può comprendere. In archiviazione vengono usati perlopiù quando si deve raggruppare pochi documenti che non devono venir mischiati con altri, e dei quali non si prevede un incremento nemmeno con il passare degli anni.
Comunque sia, la scelta va fatta con criteri di praticità, per cui va data la precedenza a quei raccoglitori che risultano più maneggiabili e che salvaguardano l’integrità dei documenti.
È da tenere presente che i raccoglitori che non possiedono un fermo (il ferretto che tiene le carte ferme nella posizione corretta) non sono raccoglitori “verticali”, cioè non li si può mettere in fila sullo scaffale come si mettono i libri, perché i documenti non fermati si piegherebbero e finirebbero per strapparsi. Questi raccoglitori sono fatti per stare orizzontalmente, cioè con la copertina sulla scrivania, per cui non sono adatti per l’archivio, ma per un uso corrente di consultazione e trasporto.
La stessa cosa possiamo dire per i classici raccoglitori a falda che, sebbene possano agevolmente contenere tutti i tipi di documenti proprio perché trattenuti dalle falde e dall’elastico, non hanno però il “dorso” sul quale annotarne il contenuto. Solo negli ultimi anni sono stati messi in commercio dei raccoglitori a falda con dorso di un paio di centimetri e si sono dimostrati molto utili non solo per il trasporto di documenti, ma anche per una corretta archiviazione degli stessi. Il solo difetto di questi raccoglitori è il loro prezzo, dal momento che costano circa quanto un raccoglitore classico ma contengono circa un quarto delle carte che quest’ultimo può comprendere. In archiviazione vengono usati perlopiù quando si deve raggruppare pochi documenti che non devono venir mischiati con altri, e dei quali non si prevede un incremento nemmeno con il passare degli anni.
Ci sono però dei documenti che non sono del formato A4 sopra previsto, e che non è possibile costringere nei raccoglitori classici. Non stiamo parlando di fogli leggermente più grandi che si possono eventualmente piegare (certe fatture ad esempio), ma dei tabulati di formato largo che ancora si usano in certe contabilità. È vero che la maggior parte dei contabili oggi opta per la scrittura “stretta” che permette di stampare su normale carta A4, ma non è certo una regola.
Ci sono ancora moltissimi operatori che preferiscono le “lenzuola” come vanno scherzosamente chiamati i fogli larghi (praticamente un A3), sia per abitudine che per avere spazio dove annotare le correzioni sulle stampe di prova. Comunque sia, l’archivista non può decidere in merito, deve solo archiviare queste carte nel modo più corretto possibile. Visto che si tratta di documenti ufficiali di contabilità (libro giornale ad esempio), sarà bene usare i raccoglitori della forma adatta, cioè alti come gli altri, ma profondi (o larghi) il doppio, affinché i documenti non si stropiccino. Dato però che questi raccoglitori sono molto scomodi e prendono tanto spazio, sarà bene riservarli solo per i documenti importanti, non per eventuali stampe di prova o per gli archivi di uso corrente.
Ci sono ancora moltissimi operatori che preferiscono le “lenzuola” come vanno scherzosamente chiamati i fogli larghi (praticamente un A3), sia per abitudine che per avere spazio dove annotare le correzioni sulle stampe di prova. Comunque sia, l’archivista non può decidere in merito, deve solo archiviare queste carte nel modo più corretto possibile. Visto che si tratta di documenti ufficiali di contabilità (libro giornale ad esempio), sarà bene usare i raccoglitori della forma adatta, cioè alti come gli altri, ma profondi (o larghi) il doppio, affinché i documenti non si stropiccino. Dato però che questi raccoglitori sono molto scomodi e prendono tanto spazio, sarà bene riservarli solo per i documenti importanti, non per eventuali stampe di prova o per gli archivi di uso corrente.
Le aziende che archiviano alcuni documenti raggruppandoli in fascicoli, ad esempio i Clienti nell’archiviazione specifica (meglio illustrata più avanti), hanno bisogno di grandi faldoni in cui contenere questi fascicoli. I faldoni sono cartelle dalla copertina rigida e senza schienale (o con schienale floscio), e si chiudono con tre lacci. Sono un po’ più grandi delle altre cartelle, appunto perché le devono contenere. Non sono molto pratici, in quanto lo schienale floscio e la chiusura a lacci non agevolano una forma compatta, “a cubo”, dell’insieme, bensì creano dei blocchi sformati e “a cuneo” che, sovrapposti, rischiano di scivolare, mentre allineati su uno scaffale lasciano fuoriuscire contenuti di piccolo formato. Oggi i faldoni sono largamente sostituiti dalle scatole di archivio che sono in pratica degli scatoloni in cartone ondulato o pressato, della giusta misura per contenere un raccoglitore o due.
In effetti, alcune ditte usano queste scatole per archiviare quanto sta in un raccoglitore e usare quest’ultimo per un nuovo anno, ma non è questo il loro impiego migliore. Le scatole infatti prendono lo spazio che prende un raccoglitore, ma non riescono a conservare il suo ordine, perché i documenti vi si trovano alla rinfusa. È vero che i raccoglitori costano di più, ma anche valgono di più. Le scatole sono invece indispensabili quando vanno a sostituire i faldoni, cioè quando contengono i fascicoli di qualche tipo. Sono molto più solide dei faldoni, più squadrate, e – da non sottovalutare – preservano i documenti dalla polvere. Oltre a ciò vi si può incollare un’etichetta, cosa che sullo schienale floscio dei faldoni era praticamente impossibile.
Quest’etichetta va incollata sul dorso o su un lato, dipende dall’altezza dello scaffale a disposizione, con l’indicazione del contenuto, ad esempio OPERAZIONI 1996 DAL N. 123 AL N. 456 oppure PROGETTI 1996 GEN-APR oppure PENDENZE LEGALI 1992/1993, eccetera.
In effetti, alcune ditte usano queste scatole per archiviare quanto sta in un raccoglitore e usare quest’ultimo per un nuovo anno, ma non è questo il loro impiego migliore. Le scatole infatti prendono lo spazio che prende un raccoglitore, ma non riescono a conservare il suo ordine, perché i documenti vi si trovano alla rinfusa. È vero che i raccoglitori costano di più, ma anche valgono di più. Le scatole sono invece indispensabili quando vanno a sostituire i faldoni, cioè quando contengono i fascicoli di qualche tipo. Sono molto più solide dei faldoni, più squadrate, e – da non sottovalutare – preservano i documenti dalla polvere. Oltre a ciò vi si può incollare un’etichetta, cosa che sullo schienale floscio dei faldoni era praticamente impossibile.
Quest’etichetta va incollata sul dorso o su un lato, dipende dall’altezza dello scaffale a disposizione, con l’indicazione del contenuto, ad esempio OPERAZIONI 1996 DAL N. 123 AL N. 456 oppure PROGETTI 1996 GEN-APR oppure PENDENZE LEGALI 1992/1993, eccetera.
C’è da dire ancora qualcosa sulle buste interne dei raccoglitori, cioè quei sacchetti di plastica trasparente con il “punching” (perforatura, una serie di buchi) che ne permette l’inserimento in ogni tipo di raccoglitore. Appena apparse sul mercato queste buste vennero snobbate a causa del costo relativamente alto, ma con il tempo la loro utilità ha sgominato ogni pregiudizio. Sono degli strumenti indispensabili per una corretta archiviazione, ma bisogna servirsene con criterio. A questo punto c’è da osservare infatti che queste buste si trovano in varie misure, dove dobbiamo principalmente considerare l’uso che se ne prevede. La prima distinzione è: la busta servirà per contenere un foglio o tanti fogli? Non è una questione frivola. Le buste della misura esatta A4 contengono perfettamente un foglio solo, e servono quando dobbiamo proteggere certi documenti, sia che non li vogliamo perforare per l’archivio (ad esempio un disegno), sia che si tratti di documenti che vengono tanto maneggiati da stropicciarsi in breve tempo (ad esempio un listino). Ma queste buste non vanno bene se dobbiamo inserirvi più fogli, perché proprio materialmente non ci stanno. Dobbiamo allora servirci delle buste leggermente più larghe, solo di circa un centimetro, ma quanto basta per contenere parecchie carte. Sono queste le buste che servono quando ad esempio, nella cartella di un cliente, si vuole tenere raggruppate, e separate dal resto, le copie delle fatture emesse a suo nome; quando, in un progetto si vogliono tenere distinte le varie fasi; quando, in un qualsiasi insieme, si vogliono tenere presenti alcuni aspetti senza intralciare la routine lavorativa. Nell’archiviazione, mentre le buste strette praticamente non servono, quelle larghe sono un valido aiuto nella sottodivisione nei raccoglitori classici. Bisogna però considerare che, con il tempo, la stampa tende ad attaccarsi alla plastica ed a “smontare” dal documento. Perciò, se prevediamo che un documento dovrà stare in quella busta per parecchio tempo o per sempre, interponiamo tra busta e stampa una velina che ci permetterà comunque di vedere in trasparenza, ma impedirà il deterioramento del documento.
Un ultimo strumento per la corretta archiviazione, ma non certo il meno importante, sono i separatori, cioè i cartoncini che separano i vari gruppi di carte contenuti nello stesso raccoglitore. Sono dei cartoncini un po’ più larghi delle carte che devono tenere separate, in modo da evidenziare subito all’apertura del raccoglitore l’esatto punto da aprire, tipo rubrica telefonica. Sul bordo portano infatti l’indicazione del contenuto che segue, ad esempio un raccoglitore di progetti avrà bisogno di separatori che indicheranno sul bordo il nome di ogni singolo progetto. Alle volte i separatori sono semplici rubriche, cioè cartoncini con sul bordo le lettere dell’alfabeto, e servono perlopiù nelle piccole aziende, per contenere ad esempio tutti i clienti la cui ragione sociale inizia con la stessa lettera. Se ne trovano vari esempi in commercio, ma bisogna dire che proprio per le varie esigenze che una ditta può avere, è senz’altro preferibile ritagliare da un foglio di cartoncino i separatori adatti per ogni circostanza; con un po’ di pratica la cosa è fattibile in poco tempo.
La prima caratteristica che deve interessare all’archivista quando riceve un documento è la carta sulla quale è stato scritto. Questo perché ogni scritta su carta chimica o su carta tecnica sbiadisce col tempo, fino a cancellarsi totalmente in un periodo relativamente breve.
È il caso dei fax e degli scontrini, come pure di certi lucidi. Archiviarli come stanno non servirebbe a nulla, equivarrebbe a buttarli. Bisogna perciò farne delle fotocopie e pinzarle sull’originale prima di procedere all’archiviazione. Non guasterà il timbro “Copia conforme all’originale” e la firma dell’addetto.
È il caso dei fax e degli scontrini, come pure di certi lucidi. Archiviarli come stanno non servirebbe a nulla, equivarrebbe a buttarli. Bisogna perciò farne delle fotocopie e pinzarle sull’originale prima di procedere all’archiviazione. Non guasterà il timbro “Copia conforme all’originale” e la firma dell’addetto.
Vanno fatte fotocopie anche di tutti quei documenti che dovrebbero stare in due o più archivi diversi, ad esempio la formula di un prodotto creato specificatamente per un certo cliente deve essere archiviata tra i Prodotti, ma una copia va messa senz’altro nella cartella del Cliente. In questi casi, l’archivista deve provvedere non solo a fare le fotocopie necessarie, ma soprattutto avere cura che sulle stesse sia chiaramente indicato dove si trovi l’originale.
Non dimentichiamo poi che, per l’archivista, il dato più importante di ogni documento è l’intestazione, perché è in base a questo dato che verrà fatta ogni futura ricerca. Per questo motivo l’intestazione non deve venir coperta da eventuali appunti o allegati che qualcuno ha ritenuto di attaccare al documento.
Se l’archivista riceve un documento con l’intestazione coperta, è suo dovere staccare attentamente e senza far danni il foglietto (appunto, cedolino, scontrino) e riattaccarlo sullo stesso foglio, ma più in basso dove non coprirà l’intestazione, o eventualmente sul retro dello stesso foglio. La stessa regola deve venir osservata quando il foglio da archiviare è di dimensioni troppo grandi (superiori al formato A4). Prima di riporre questi documenti, ne dobbiamo ripiegare il lato destro e quello inferiore, in modo che rimanga ben visibile l’intestazione. In questo modo sacrifichiamo la possibilità dell’immediata lettura di dati spesso molto importanti, ad esempio in una fattura vanno ripiegati di sotto i prezzi ed il totale ammontare della fattura, ma è questo il modo corretto di riporla.
Analogamente, se il documento è di grandezza giusta, ma stampato orizzontalmente, non dobbiamo archiviarlo come sta, perché così facendo l’intestazione verrebbe a trovarsi in basso a sinistra o in alto a destra, e in caso di ricerca potremmo passare oltre senza vederla. Queste carte vanno archiviate nel senso della lettura, cioè con l’intestazione in alto a sinistra, e ripiegate a destra. Attenzione anche ai fogli troppo piccoli. Il più piccolo dei formati archiviabili è la metà dell’A4, il cosiddetto memorandum e va archiviato sempre nel senso della lettura, cioè con l’intestazione in alto a sinistra. Ogni foglietto più piccolo di questo (ad esempio uno scontrino) deve essere attaccato con la colla o meglio con la cucitrice su un pezzo di carta bianca formato A4 o almeno memorandum che poi regolarmente viene perforato e riposto. Si usa questo metodo anche con documenti che è meglio non danneggiare con il perforatore, o che sono difficili da perforare, ad esempio campioni di stoffe o altri materiali.
Se l’archivista riceve un documento con l’intestazione coperta, è suo dovere staccare attentamente e senza far danni il foglietto (appunto, cedolino, scontrino) e riattaccarlo sullo stesso foglio, ma più in basso dove non coprirà l’intestazione, o eventualmente sul retro dello stesso foglio. La stessa regola deve venir osservata quando il foglio da archiviare è di dimensioni troppo grandi (superiori al formato A4). Prima di riporre questi documenti, ne dobbiamo ripiegare il lato destro e quello inferiore, in modo che rimanga ben visibile l’intestazione. In questo modo sacrifichiamo la possibilità dell’immediata lettura di dati spesso molto importanti, ad esempio in una fattura vanno ripiegati di sotto i prezzi ed il totale ammontare della fattura, ma è questo il modo corretto di riporla.
Analogamente, se il documento è di grandezza giusta, ma stampato orizzontalmente, non dobbiamo archiviarlo come sta, perché così facendo l’intestazione verrebbe a trovarsi in basso a sinistra o in alto a destra, e in caso di ricerca potremmo passare oltre senza vederla. Queste carte vanno archiviate nel senso della lettura, cioè con l’intestazione in alto a sinistra, e ripiegate a destra. Attenzione anche ai fogli troppo piccoli. Il più piccolo dei formati archiviabili è la metà dell’A4, il cosiddetto memorandum e va archiviato sempre nel senso della lettura, cioè con l’intestazione in alto a sinistra. Ogni foglietto più piccolo di questo (ad esempio uno scontrino) deve essere attaccato con la colla o meglio con la cucitrice su un pezzo di carta bianca formato A4 o almeno memorandum che poi regolarmente viene perforato e riposto. Si usa questo metodo anche con documenti che è meglio non danneggiare con il perforatore, o che sono difficili da perforare, ad esempio campioni di stoffe o altri materiali.
Tranne pochissime eccezioni, i gruppi di documenti vanno archiviati in ordine numerico o in ordine alfabetico. Nei raccoglitori ordinati per numero (ad esempio quelli contenenti le fatture emesse), il numero 1 sta in fondo, sotto gli altri, in modo che si aprano sull’ultimo documento emesso. Diversamente, in un raccoglitore ordinato alfabeticamente, la lettera A sta di sopra ed è la prima a venir letta.
Ordine numerico
Non c’è molto da dire sull’ordinazione per numero, tranne di fare molta attenzione ai numeri che per qualche ragione sono stati inseriti in un secondo tempo, per cui possiamo avere ad esempio 15/bis, oppure 15/a, o anche 15/1. In questo caso la sequenza (e di conseguenza l’ordine di archiviazione) è 14, 15, 15/bis, 15/ter, 16, ecc., oppure 14, 15, 15/a, 15/b, 16, ecc., oppure 14, 15, 15/1, 15/2, 16, ecc. Sembra una raccomandazione superflua, tanto è ovvia, ma nella pratica succede molto spesso che questo ordine venga in qualche modo cambiato, e di conseguenza un “numero bis” non si trova mai.
Altra raccomandazione apparentemente superflua è quella di tenere sempre raccoglitori ben distinti per ogni serie di numeri presenti in azienda. Se ad esempio sono presenti due modi di numerazione delle fatture emesse, dobbiamo per forza gestire due raccoglitori; in questo caso sarà molto utile che i due raccoglitori siano diversi, almeno di diverso colore, e che ogniqualvolta un documento vi viene riposto, si controlli bene di averlo archiviato nel giusto gruppo di appartenenza.
Molte volte poi le fatture vengono numerate non solo con numeri ma con lettere e numeri, ad esempio A00036. In questo caso bisogna innanzitutto sapere a che cosa si riferiscono le lettere. Se, come di norma succede, la lettera indica uno specifico reparto dell’azienda (poniamo A per ingrosso e B per dettaglio), abbiamo due serie di numerazioni che procedono indipendentemente l’una dall’altra. Ma certe aziende mettono delle lettere prima dei numeri per indicare la persona (o il reparto) che ha gestito quell’affare, così A0012 significa che la fattura n. 0012 conclude un affare gestito da Antonio, mentre la B0013 conclude una trattativa di Biagio.
È un sistema che si può definire perlomeno complicato, ma chi lo usa da anni si trova bene. Ora, la differenza con il caso precedente è enorme, perché qui abbiamo una sola serie di numeri, solo che di volta in volta hanno una diversa lettera davanti. In questo caso l’archiviazione va fatta ignorando le lettere. In sostanza, tutto sta nel distinguere le serie di numerazioni, e archiviare ogni serie autonomamente.
È un sistema che si può definire perlomeno complicato, ma chi lo usa da anni si trova bene. Ora, la differenza con il caso precedente è enorme, perché qui abbiamo una sola serie di numeri, solo che di volta in volta hanno una diversa lettera davanti. In questo caso l’archiviazione va fatta ignorando le lettere. In sostanza, tutto sta nel distinguere le serie di numerazioni, e archiviare ogni serie autonomamente.
Ordine alfabetico
Dato che tutte le aziende prima o poi in qualche modo escono dall’ambito nazionale, bisogna usare l’alfabeto inglese, quello di 26 lettere, aggiungendo all’alfabeto italiano, nel giusto ordine, le lettere J K W X Y. Se poi una ditta ha dei contatti con aziende dei paesi slavi o scandinavi o altri ancora, dovrà ampliare di conseguenza l’alfabeto in uso. È importante infatti comprendere che se un linguaggio ha avuto il bisogno di creare una lettera, significa che il suo popolo ne ha bisogno e noi dobbiamo rispettare i nostri partner.
Ad esempio, sarebbe scorretto che un ipotetico sig. Carlo venisse schedato come Karlo; allo stesso modo non è corretto archiviare John sotto Gion…
Ad esempio, sarebbe scorretto che un ipotetico sig. Carlo venisse schedato come Karlo; allo stesso modo non è corretto archiviare John sotto Gion…
Tuttavia ordinare per alfabeto non è tanto semplice quanto sembra, proprio perché si tratta quasi sempre di ordinare nomi propri.
Prendiamo l’esempio più classico, un archivio di Clienti o Fornitori, dove le parole che dobbiamo mettere in ordine alfabetico sono le intestazioni delle aziende. Il signor Andrea Rossi gestisce una cartoleria; può intestare la sua carta ANDREA ROSSI oppure ROSSI ANDREA oppure CARTOLERIA di A. ROSSI o altro ancora. L’energia elettrica ci viene fornita dalla ENEL o E.N.E.L. o ENTE NAZIONALE PER L’ENERGIA ELETTRICA, eccetera. Abbiamo un cliente OASI VERDE ed un altro L’OASI VERDE, uno con la carta intestata 4 NOVEMBRE ed un altro che si chiama QUATTRO SORELLE. Una multinazionale emette una fattura con il proprio nome ed un’altra a nome della filiale italiana. Un’azienda cambia ragione sociale. E cosi via, le possibilità di dubbio sono tante.
Prendiamo l’esempio più classico, un archivio di Clienti o Fornitori, dove le parole che dobbiamo mettere in ordine alfabetico sono le intestazioni delle aziende. Il signor Andrea Rossi gestisce una cartoleria; può intestare la sua carta ANDREA ROSSI oppure ROSSI ANDREA oppure CARTOLERIA di A. ROSSI o altro ancora. L’energia elettrica ci viene fornita dalla ENEL o E.N.E.L. o ENTE NAZIONALE PER L’ENERGIA ELETTRICA, eccetera. Abbiamo un cliente OASI VERDE ed un altro L’OASI VERDE, uno con la carta intestata 4 NOVEMBRE ed un altro che si chiama QUATTRO SORELLE. Una multinazionale emette una fattura con il proprio nome ed un’altra a nome della filiale italiana. Un’azienda cambia ragione sociale. E cosi via, le possibilità di dubbio sono tante.
Una delle regole base di ogni relazione d’affari è quella di chiedere subito all’inizio una visura camerale della controparte, in modo da sapere, tra l’altro, l’esatta denominazione della ditta. Se non si vuole chiedere la visura, bisogna comunque chiedere esplicitamente questo dato, preferibilmente per iscritto. Non dimentichiamo che sugli elenchi richiesti dal Fisco devono essere riportati i nominativi esattamente come risultano dall’iscrizione alla C.C.I.A.A. Ed oltre a ciò è questo l’unico modo per sapere come esattamente tale azienda debba essere schedata. Distingueremo poi le ditte individuali dalle società. Questo perché le ditte individuali, quando chiamate con nome e cognome, come le persone fisiche, vengono archiviate per cognome. Il sig. Rossi di cui sopra può scrivere sulla carta intestata quello che vuole, noi lo archivieremo sotto la R. Solo se la sua azienda, alla C.C.I.A.A., è denominata CARTOLERIA ROSSI, questo non è più il nome e cognome del proprietario, bensì il “nome” della sua ditta, e viene messo sotto la C. Analogamente, quando una società è denominata ANDREA ROSSI SRL, questo non è più il nome e cognome di una persona, ma il “nome” di un’azienda, e va messo sotto la A. Ecco perché una visura camerale è indispensabile.
In quanto alle denominazioni abbreviate tipo ENEL, FIAT, TIM, UTET, è meglio non scrivere le relative parole per esteso, proprio perché si rischierebbe di non individuare subito l’azienda, abituati come siamo al nome “breve”.
L’unico problema è quello dei punti dopo le singole iniziali (E.N.E.L.) che talune aziende mettono ben in mostra sull’intestazione delle loro fatture, altre invece li omettono. Per il nostro archivio è una cosa senza importanza e possiamo decidere di puntare le iniziali o no, ma dobbiamo fare una regola valida sempre e comunque, e non sgarrare, specialmente se ci serviamo di un computer.
L’unico problema è quello dei punti dopo le singole iniziali (E.N.E.L.) che talune aziende mettono ben in mostra sull’intestazione delle loro fatture, altre invece li omettono. Per il nostro archivio è una cosa senza importanza e possiamo decidere di puntare le iniziali o no, ma dobbiamo fare una regola valida sempre e comunque, e non sgarrare, specialmente se ci serviamo di un computer.
È un problema di computer anche quando dobbiamo archiviare nominativi che iniziano per numero. Di solito infatti i numeri si mettono prima di tutte le lettere, per cui la ditta ufficialmente denominata “4 NOVEMBRE” verrà prima di ANDREA ROSSI SRL. Ma per alcuni programmi di computer la descrizione del nominativo non è un campo alfanumerico, per cui non accetta numeri. Dobbiamo perciò ripiegare sulla descrizione QUATTRO NOVEMBRE e riporre le carte sotto la Q, come già abbiamo fatto per la ditta ufficialmente denominata “QUATTRO SORELLE”. Questa è una prima deroga alla regola che impone l’osservanza della denominazione ufficiale.
La seconda deroga è quella che ci permette di eliminare gli articoli iniziali. Se dovessimo archiviare l’azienda L’OASI VERDE e tante altre che iniziano con l’articolo, sotto la L, avremmo un’infinità di nominativi sotto la L, il che certamente non facilita le eventuali ricerche. Ecco perché ribattezzeremo questa azienda in “OASI VERDE (L’)”
Ho accennato ad una società che alle volte fattura tramite una sua filiale. Qui il criterio è quello della Partita Iva. Se la Partita Iva è la stessa, l’azienda è una sola e come tale viene trattata anche in archivio. Se invece le Partita Iva sono diverse, si tratta di due aziende, cioè due diversi nominativi e devono venir trattati separatamente.
Lo stesso discorso vale per una ditta che cambia. Se cambia la Partita Iva, si tratta di una nuova azienda ed ha un posto tutto suo nel nostro archivio: Ma se viene cambiata solo la denominazione, e la Partita Iva resta la stessa (cosa peraltro assai improbabile), l’archivio rimane unico e va spostato in toto sotto la nuova denominazione.
Come ultima operazione prima di riporre un raccoglitore, c’è la scritta sul dorso. La prima scritta che ogni raccoglitore deve riportare è l’intestazione della ditta, subito nel primo spazio disponibile. Non occorre metterci i vari indirizzi e tutte quelle informazioni che vengono riportate sulla carta intestata. Basta la denominazione, ad esempio ROSSI S.R.L. oppure OFFICINE BENEDETTO S.N.C. oppure ALIMENTARI GIORGIO (senza aggiungere “di Giorgio Rossi”).
Più sotto, centrata nell’altezza del raccoglitore, viene messa la scritta che ne indichi chiaramente il contenuto in modo comprensibile a tutti, che sia concisa ed a caratteri grandi e netti. Una volta nelle scuole di ragioneria si imparava anche la calligrafia, proprio per imparare delle tecniche di titolazione. Ora, con l’aiuto del computer si possono fare delle scritte veramente chiare e belle con pochissimo sforzo. Basta tenere presenti alcune piccole regole che cercherò di riassumere in poche parole.
Intanto cerchiamo di usare meno parole possibili, quattro sono già troppe. Se necessario possiamo usare un sottotitolo, ma solo quando non se ne può fare a meno (ad esempio, sul raccoglitore CLIENTI potremmo avere un sottotitolo A – M per differenziarlo dal raccoglitore CLIENTI con il sottotitolo N – Z). Per quanto possibile usiamo sempre la stessa altezza di carattere per i titoli, un po’ minore per i sottotitoli; il fatto che la parola “clienti” sia più breve della parola “fornitori” non ci autorizza a fare la scritta CLIENTI con caratteri più grandi. Non usiamo scritture stravaganti ed artistiche, scegliamo un font classico, marcato e ben visibile a distanza. E sempre lo stesso per tutti i raccoglitori. Non dobbiamo dimenticare che i titoli sui dorsi dei raccoglitori servono a noi ed ai nostri colleghi per trovare le carte, ma sono anche uno specchio della nostra precisione.
Intanto cerchiamo di usare meno parole possibili, quattro sono già troppe. Se necessario possiamo usare un sottotitolo, ma solo quando non se ne può fare a meno (ad esempio, sul raccoglitore CLIENTI potremmo avere un sottotitolo A – M per differenziarlo dal raccoglitore CLIENTI con il sottotitolo N – Z). Per quanto possibile usiamo sempre la stessa altezza di carattere per i titoli, un po’ minore per i sottotitoli; il fatto che la parola “clienti” sia più breve della parola “fornitori” non ci autorizza a fare la scritta CLIENTI con caratteri più grandi. Non usiamo scritture stravaganti ed artistiche, scegliamo un font classico, marcato e ben visibile a distanza. E sempre lo stesso per tutti i raccoglitori. Non dobbiamo dimenticare che i titoli sui dorsi dei raccoglitori servono a noi ed ai nostri colleghi per trovare le carte, ma sono anche uno specchio della nostra precisione.
Sul dorso di un raccoglitore, di solito in basso, deve essere anche indicato il periodo a cui l’archivio si riferisce, di solito l’anno. È preferibile infatti che ogni anno contabile abbia i suoi raccoglitori, ma non è indispensabile. Alle volte un raccoglitore può servire anche per dieci anni, se contiene documentazione che non si accresce di molto nel tempo, ad esempio i documenti attestanti l’inizio di attività. Altre volte è necessario servirsi di due o più raccoglitori per lo stesso anno, ad esempio quando contengono le fatture di vendita di un’azienda di distribuzione.
Avremo così indicazioni tipo 1990 oppure 1990-1995 oppure gen-mar 1990, ecc. Evitiamo assolutamente di accorciare gli anni scrivendo solo le due ultime cifre, specialmente in questi anni di passaggio millennio. Abbreviamo invece volentieri i mesi, scrivendo solo le prime tre lettere, mentre eviteremo di indicarli con i numeri.
Avremo così indicazioni tipo 1990 oppure 1990-1995 oppure gen-mar 1990, ecc. Evitiamo assolutamente di accorciare gli anni scrivendo solo le due ultime cifre, specialmente in questi anni di passaggio millennio. Abbreviamo invece volentieri i mesi, scrivendo solo le prime tre lettere, mentre eviteremo di indicarli con i numeri.
Un’ultima osservazione. Si sa che molte volte si ha necessità di scrivere titoli più lunghi di quanto la larghezza del raccoglitore consenta, Il pensiero va subito alla scritta verticale, ma asteniamocene. Una scritta verticale è una scritta illeggibile.
Il secondo pensiero va all’abbreviazione della parola, ma le abbreviazioni finiscono per essere incomprensibili anche a chi le ha coniate. Cerchiamo invece di trovare la parola più breve o di scrivere in più righe. Invece di “Registro delle fatture di Acquisto” scriviamo solo “fatture” e in seconda riga “acquisto” (non reg. fatt. acq.). Invece di “Cartelle personali dei dipendenti” scriviamo solo “dipendenti” ed in seconda riga “cartelle” (non cart. dip.). Invece di scrivere “Ricerche di mercato” aiutiamoci con “marketing”. Invece di “Formulazioni del dott. Rossi” scriviamo “A. Rossi” ed in seconda riga “formule”, eccetera.
Il secondo pensiero va all’abbreviazione della parola, ma le abbreviazioni finiscono per essere incomprensibili anche a chi le ha coniate. Cerchiamo invece di trovare la parola più breve o di scrivere in più righe. Invece di “Registro delle fatture di Acquisto” scriviamo solo “fatture” e in seconda riga “acquisto” (non reg. fatt. acq.). Invece di “Cartelle personali dei dipendenti” scriviamo solo “dipendenti” ed in seconda riga “cartelle” (non cart. dip.). Invece di scrivere “Ricerche di mercato” aiutiamoci con “marketing”. Invece di “Formulazioni del dott. Rossi” scriviamo “A. Rossi” ed in seconda riga “formule”, eccetera.
Con tutta la buona volontà, però, alle volte non si trova una parola sufficientemente breve e bisogna proprio scrivere in verticale e ciò vale particolarmente per i raccoglitori dal dorso di due o tre centimetri. Diciamo subito che la vera scritta verticale, cioè quella tipo insegna di bar, con le lettere una sotto l’altra, è da scartare decisamente e irrevocabilmente. Viene presa in considerazione una scritta normale che si può leggere solo mettendo il raccoglitore “a faccia in giù”, cioè di piatto.
In questo caso scegliamo un font bello grande che ci aiuterà a leggere il titolo anche senza girare il raccoglitore o inclinare la testa in modo ridicolo. Poi, cosa della massima importanza, decidiamo una volta per sempre e non facciamo mai eccezioni, se la scritta parte dall’alto o dal basso. Non ci sono regole a questo riguardo, l’unica è appunto quella di fare sempre nello stesso modo. E poi, se possibile, mettiamo questi raccoglitori stretti dalle scritte che fanno girare il capo, tutti assieme sullo stesso scaffale, in omaggio all’estetica. Il massimo sarebbe poterli mettere di piatto uno sopra l’altro, in modo da conservare la scritta orizzontale, ma certamente questa è una soluzione non sempre possibile.
In questo caso scegliamo un font bello grande che ci aiuterà a leggere il titolo anche senza girare il raccoglitore o inclinare la testa in modo ridicolo. Poi, cosa della massima importanza, decidiamo una volta per sempre e non facciamo mai eccezioni, se la scritta parte dall’alto o dal basso. Non ci sono regole a questo riguardo, l’unica è appunto quella di fare sempre nello stesso modo. E poi, se possibile, mettiamo questi raccoglitori stretti dalle scritte che fanno girare il capo, tutti assieme sullo stesso scaffale, in omaggio all’estetica. Il massimo sarebbe poterli mettere di piatto uno sopra l’altro, in modo da conservare la scritta orizzontale, ma certamente questa è una soluzione non sempre possibile.
Archivi decentrati
Nelle imprese più grandi, quelle cioè con filiali o reparti decentrati, logicamente ogni unità operativa avrà i propri archivi, autonomamente gestiti. Siccome però di solito a fine anno o periodo gestionale gli archivi vengono tutti trasferiti nell’archivio centrale, l’archivista della filiale deve attenersi a qualche ulteriore regola.
Il primo lavoro che deve fare è decidere quali documenti deve trasferire in sede. Di regola si mandano in sede gli archivi che per legge devono venir conservati, mentre restano presso la filiale quei documenti che potrebbero tornare utili solo nella filiale appunto, ma che in sede servirebbero solo ad occupare spazio. Alcuni di questi documenti, ad esempio le copie fatture emesse, in centrale non servono perché ne hanno già un esemplare, mentre in filiale potranno forse servire ancora per qualche riferimento; però quando nemmeno in filiale serviranno più, non devono venir mandate in sede, vanno cestinate. Nell’occasione di questa cernita l’archivista provvede pure all’eliminazione di quei documenti che non vanno conservati per legge e non servono alla filiale, sono dunque cartacce da buttare. Non deve lasciarsi prendere dalla tentazione di demandare il compito al magazziniere o di buttare tutto quanto assieme in un paio di scatoloni “e che si arrangino alla centrale”. È lui, l’archivista della filiale, la persona più adatta a dividere in tre gruppi ben distinti tutto il materiale d’archivio, perché già ne conosce il contenuto. Procederà perciò per primo ad eliminare le carte che non servono, come secondo ad archiviare nei propri archivi quanto può ancora servire alla filiale, e come ultimo riempirà gli scatoloni da mandare alla centrale.
Inizierà col sincerarsi che ogni raccoglitore porti, subito sotto l’intestazione dell’azienda, l’indicazione del reparto o della filiale, ad esempio ROSSI SRL – BOLOGNA se la ditta ha sede a Milano e una filiale a Bologna. Questo dato che al momento della creazione del raccoglitore non sembra degno di nota in quanto tutti gli archivi presenti si riferiscono ovviamente allo stesso luogo, diventa di vitale importanza quando gli archivi vengono unificati, in quanto è l’unico mezzo per distinguere gli archivi della filiale da quelli della sede.
Analogamente bisogna fare attenzione ai numeri che distinguono le varie Operazioni (di cui parleremo più esaurientemente nel capitolo Clienti e Fornitori). Questi numeri infatti di norma contengono tutte le indicazioni utili a identificare un’Operazione, ad esempio possiamo trovare un’Operazione con il numero 1234ts97567, che potrebbe stare per “cliente numero 1234 nella filiale di Trieste nell’anno 1997 numero progressivo di operazione 567”. Non è sufficiente dunque scrivere sul raccoglitore delle Operazioni solo “operazioni dal 1001 al 2200”, perché evidentemente non significa nulla. Solo un archivista che conosce perfettamente il significato dei vari numeri che compongono la cifra identificativa di una certa Operazione, potrebbe forse permettersi di accorciarla. Ma è senza dubbio preferibile annotare per esteso tutte le cifre scritte sul fascicolo.
La stessa raccomandazione va fatta per gli scatoloni che conterranno i raccoglitori da mandare alla centrale. Il contenuto deve essere identificato a colpo d’occhio e senza dubbi. Le parole più importanti sono “archivio”, “filiale”, e “anno”, per cui vanno marcate ben in grande.
Fonte: it.wikibooks.org
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