Il conto alla rovescia è partito. Dal 6 giugno in avanti la Pubblica Amministrazione accetterà solo fatture in formato digitale. Una vera e propria rivoluzione che chiama le imprese a un adeguamento in tempo rapidi, anche perché non sembrano esservi margini per proroghe o per un periodo in cui vecchie e nuove tecnologie conviveranno, considerato che le prime prove sul campo sono state molto positive e la normativa di dettaglio è quasi completa.
Cosa cambia
Ogni anno la Pa gestisce all’incirca 600 miliardi di fogli, appartenenti a un migliaio di differenti tipologie. Questo significa costi considerevoli per l’acquisto della carta, la stampa, ma soprattutto la catalogazione dei documenti. Occorrono personale chiamato e locali adeguati per la conservazione, il tutto in una fase in cui l’urgenza è divenuta la riduzione della spesa pubblica, che ormai assorbe oltre la metà della ricchezza prodotta ogni anno nella Penisola. Con evidenti conseguenze sulla pressione fiscale per famiglie e imprese.
Questa premessa aiuta a inquadrare le ragioni alla base del processo di fatturazione elettronica e alla previsione del suo obbligo a partire dal 6 giugno. Da quella data, i circa due milioni di fornitori della Pa centrale e locale non avranno alternativa alla redazione e trasmissione della documentazione secondo i dettati normativi. In caso contrario (quindi anche in presenza di errori formali), gli uffici pubblici non potranno accettare le fatture, e pertanto non potranno procedere al pagamento, neppure parziale.
Come funziona
Il baricentro delle comunicazioni tra Pa e fornitori sarà costituito dallo Sdi (Sistema di interscambio) gestito dall’Agenzia delle Entrate, un postino virtuale incaricato di prendere in carico le fatture elettroniche e smistarle all’ufficio preposto. La compilazione della fattura dovrà avvenire rispettando la struttura richiesta dallo Sdi e attraverso l’inserimento del codice Ipa, identificativo dell’ufficio di destinazione. L’obbligo della procedura riguarderà in un primo momento solo i ministeri, gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale, le agenzie fiscali e gli istituti di istruzione statale. Tutte le altre Pa, come regioni, province, comuni, gestori di servizi di pubblica utilità, forze di polizia a ordinamento civile e militare per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica si accoderanno il 6 giugno 2015.
I benefici attesi
La fatturazione elettronica promette risparmi importanti legati alla riduzione dei tempi di gestione della fattura, da quelli necessari per la protocollazione e il recupero documenti per riconciliazione, a quelli per l’approvazione e la registrazione dei documenti.
L’Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano stima i soli risparmi in termini di manodopera in circa 14 euro a fattura per la Pa e 4-5 euro per i fornitori, visto che si potranno evitare le attività di stampa e l’imbustamento, senza considerare il tempo perso allo sportello, se non si tratta addirittura di fare la spola tra un ufficio all’altro alla ricerca di quello giusto. Va poi considerato il risparmio legato all’eliminazione dei costi di gestione e archiviazione, dai materiali all’archivio cartaceo passando per la protocollazione e la conservazione, che l’Osservatorio stima in 3 euro sia per la Pubblica Amministrazione che per i fornitori.
I risparmi totali possono in realtà arrivare a 1,5 miliardi di euro ogni anno, considerando l’aumento di produttività che possono conseguire i dipendenti pubblici sgravati di queste incombenze e quelli delle aziende che si interfacciano con la Pa.
Senza considerare che questa innovazione può costituire la leva per estendere le logiche della digitalizzazione fra la Pa e i suoi fornitori (compresi gli interventi sui processi autorizzativi), che garantirebbero almeno 6,5 miliardi di minori costi ogni anno. Per fare un paragone, si tratta della cifra che il Governo ha messo sul piatto per ridurre il cuneo fiscale. Un altro intervento di questa portata potrebbe restituire competitività al costo del lavoro in Italia, o magari essere impiegato nella strategia di riduzione del debito pubblico, con un risparmio in termini di interessi da corrispondere.
Incombenze per i fornitori
La palla ora passa ai soggetti che hanno rapporti d’affari con il settore pubblico. I fornitori avranno a disposizione due strade per adempiere all’obbligo, con la scelta che sarà in buona parte legata al numero di fatture inviate annualmente alla Pubblica Amministrazione. Chi ne invia poche probabilmente si affiderà al dispositivo messo a punto gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate, che consente di generare le fatture elettroniche. Il limite di questo sistema è nella difficoltà di integrazione con i gestionali delle singole aziende. L’omogeneizzazione va fatta fattura per fattura e questo potrebbe spingere i fornitori più attivi a dotarsi di una soluzione ad hoc, che consenta un flusso integrato e un invio automatico. Sul mercato vi sono diverse offerte di dispositivi, che affidano a una società informatica la gestione di tutte le procedure.
 
L’evoluzione normativa
A spingere per la fatturazione elettronica è l’Unione Europea, che punta a migliorare così l’efficienza del mercato. La Direttiva Iva 2010/45 è stata recepita in Italia il 1° gennaio 2013; in quell’occasione è stata fissata la data del 6 giugno 2014 come avvio dell’obbligo di fatturazione elettronica verso quasi tutte le Pubbliche Amministrazioni centrali e per gli enti periferici emanazione delle stesse. Nel corso degli ultimi due anni sono arrivate altre norme a definire il quadro di applicazione della fatturazione elettronica fino al decreto (Dpcm 3 dicembre 2013) indicante le “Regole tecniche in materia di sistema di conservazione”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 12 marzo scorso.
Con la circolare n.1/2014, poi, il Ministero dell’Economia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, ha deciso di concedere tre mesi di tempo agli uffici pubblici per gestire tutte le fatture emesse prima del 6 giugno. Per le aziende, dunque, non sono previste proroghe. La circolare fornisce inoltre indicazioni operative per il caricamento delle anagrafiche degli uffici adibiti alla ricezione delle fatture elettroniche nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, l’emissione della fattura elettronica, il divieto di pagamento in assenza di fattura elettronica e il trattamento dei casi in cui risulti impossibile, per ragioni tecniche, il recapito della fattura elettronica all’amministrazione.
Fonte: espansioneonline.it
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